Rhinoplasty

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FOCUS RINOPLASTICA

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UNA PREMESSA IMPORTANTE

La rinosettoplastica  è un intervento difficile, probabilmente il più difficile in chirurgia estetica.  Ciò sia perché, a differenza di molti altri, non è mai un intervento di routine, che perché il  margine di errore è minimo, con la qualità del risultato che  si misura davvero in millimetri.  La struttura tridimensionale del naso, la sua grande variabilità di forma, ed il fatto che deve funzionare bene come organo di respirazione rendono la rinoplastica assai complessa. Tra l’altro, il naso è elemento centrale del viso, ed è quel singolo elemento che più “impatta” nella percezione di chi ci guarda, distraendo l’attenzione da altri lineamenti (occhi, labbra), magari di per sé gradevoli.  Per poter mantenere l’integrità strutturale di un naso migliorandone la forma e la funzione, le tecniche oggi sono divenute molto più sofisticate rispetto al passato, ed i risultati ottenibili assai migliori.  Questo però comporta che,  per il chirurgo, la curva di apprendimento è lunga, e si ottengono risultati eccellenti solo dopo molti anni, molti casi, e molto studio, particolarmente impegnativo. Le variabili individuali dell’anatomia, esterna ed interna, di un naso sono così tante e così diverse da rendere la rinoplastica un universo a sé,  dove ogni paziente richiede un approccio individualizzato  e dove conta ogni dettaglio di analisi e pianificazione, di esecuzione tecnica,  e di cura postoperatoria.  Ciò richiede grande attenzione, molta esperienza e tempo adeguato. Le varianti  tecniche sono realmente numerosissime, ed è utile conoscerle in dettaglio per scegliere quelle che meglio si adattano a quella particolare situazione. Nessun naso è identico all’altro, né deve essere trattato nel medesimo modo del precedente,  e non esiste un modello ideale universale esportabile a tutti. Qui sta la difficoltà ed il grande fascino dell’intervento.

Una rinoplastica ben eseguita può davvero portare ad un miglioramento significativo e talora anche impressionante, a volte superiore alle stesse aspettative del paziente. Tuttavia, è importante comprendere che esiste un limite concreto a quanto un naso possa essere modificato, per di più legato allo spessore della cute ed alla dimensione della struttura ossea e cartilaginea.  Ad esempio, in molti casi non è ottenibile un naso assai sottile senza compromettere la funzione respiratoria, e quindi non è realistico pensare di poter passare da una certa situazione di partenza ad una diametralmente opposta.  D’altra parte, è oggi certamente possibile, pressoché sempre, ottenere un naso ben proporzionato, con linee eleganti ed un contorno gradevole.

La prima cosa che dovrete fare, ancor prima della visita, è esaminare il vostro naso allo specchio e cercare di determinare, in modo analitico (è utile scrivere degli appunti con un ordine numerico di priorità e poi portare con sé questa nota alla visita ), quali siano i problemi  che vedete  e perchè vorreste fossero risolti.  Certamente il Dr Robotti vi aiuterà poi in questa analisi nel corso della visita, ma è un utile esercizio farlo anche prima.  I problemi più frequenti sono la punta tonda  “globosa”, o asimmetrica, o “cadente”, la gobba (il “gibbo”), la respirazione, il naso deviato, troppo grande, troppo  lungo o troppo corto, troppo proiettato (cioè, in avanti) o troppo poco proiettato, etc….  Certamente è anche utile portare alla prima visita foto e ritagli che dimostrino il tipo di naso che vorreste, ma non dovete dimenticare che il vostro naso dovrà inserirsi armoniosamente nelle proporzioni del vostro viso e che lo spessore e qualità della vostra pelle non potrà essere modificata.

Al momento della visita, il Dr Robotti analizzerà con cura le problematiche del vostro naso, spiegandovene la natura e confrontando quanto emergerà con ciò che voi desiderate. Importante per il chirurgo sarà comprendere bene le vostre aspettative in ogni dettaglio e verificarne con voi la fattibilità reale, con il fondamentale aiuto della simulazione al computer e con l’esame di foto di casi simili.  Il miglior modo di essere certi che il vostro chirurgo sia effettivamente in grado di aiutarvi è difatti di vedere molte foto dei suoi interventi, il che vi consentirà anche di verificare se le vostre aspettative siano realistiche, cioè realizzabili in concreto.  Aspettative di perfezione assoluta non sono realistiche né possono essere garantibili dal più esperto dei chirurghi:  qualche imperfezione, per piccola che sia, persisterà sempre dopo ogni rinoplastica.

Il Dr Robotti usa pressoché esclusivamente la rinoplastica “aperta”, per la precisione che questa  tecnica consente, a spese di una piccola cicatrice praticamente invisibile.   Il tempo necessario per l’intervento  è spesso anche di tre ore in una rinoplastica primaria: questo non deve essere visto come un problema, perché il tempo impiegato è quello che serve per ottenere, con le tecniche più appropriate e l’attenzione ad ogni dettaglio, il risultato migliore, più stabile e più naturale. Una differenza di pochi millimetri può comportare una grande differenza nelle qualità del risultato!  Il chirurgo non deve lasciare la sala operatoria fino a che non abbia fatto tutto ciò che sia possibile per ottenere il miglior risultato conseguibile.

Una chirurgia precisa, con buona fonte luminosa ed occhiali di ingrandimento,  significherà anche assenza di sanguinamento e di dolore (anche perché non si usano tamponi endonasali)  nell’immediato e risultati permanenti nel tempo poi.  Spesso sarà necessario usare “innesti” di cartilagine o fascia, ma tutti “autologhi”, cioè provenienti dal vostro stesso corpo.  Il Dr Robotti non utilizza innesti “alloplastici”, cioè sintetici, nonostante la comodità del loro impiego,  per il rischio di infezione o estrusione che questi materiali talvolta presentano.

LA RESPIRAZIONE E L’ESTETICA

Estetica e funzione respiratoria devono essere indissolubilmente legati nel corso della rinoplastica: detto in altri termini, quasi sempre si deve effettuare anche una settoplastica (riposizionamento ed allineamento del setto deviato)  e turbinoplastica (riduzione della porzione ossea dei turbinati, evitando la loro asportazione) contemporaneamente alla rinoplastica.  Un setto nasale perfettamente dritto non esiste pressoché mai in natura e spesso la deviazione è accompagnata, dal lato della sua concavità, da una ipertrofia  (“compensatoria” rispetto al maggiore flusso di aria che passa sul lato concavo rispetto al lato convesso) del turbinato inferiore.  La deviazione del setto nasale è di solito associata ad una deviazione visibile della piramide, ma  può essere presente anche con un naso che appare dritto. La ragione di effettuare una settoplastica e turbinoplastica insieme alla rinoplastica è:

1)      Migliorare la respirazione rispetto al preoperatorio

2)      Prelevare quegli  innesti di cartilagine dal setto utili per varie manovre chirurgiche di “ristrutturazione” della forma del naso durante la rinoplastica

3)      Evitare il rischio che, anche  se il paziente non ha mai manifestato sintomi di difficoltà respiratoria, un setto deviato non riconosciuto e non corretto determini ostruzione respiratoria sintomatica dopo l’intervento. Il motivo per cui può accadere che dopo una rinoplastica solo estetica senza settoplastica il paziente respiri peggio di prima  è che le fratture chirurgiche delle ossa nasali effettuate per stringere un dorso largo possono restringere il diametro interno del passaggio aereo quanto basta per determinare una successiva difficoltà alla respirazione.

In realtà, la chirurgia estetica del naso si associa strettamente a quella funzionale non solo per quanto riguarda setto e turbinati, ma anche per migliorare le “valvole nasali”: quella interna, ai due lati del dorso (i “cerottini” di apertura usati sul dorso del naso da alcuni sportivi difatti allargano questa valvola) e quella esterna, a livello delle cartilagini della punta, che collassano stringendosi troppo in alcune persone durante una forte inspirazione. Detto in altri termini, migliorando le linee estetiche del dorso mediante innesti “spreaders” o “autospreaders” ai lati del setto  e ristrutturando la punta sostenendola con innesti si ottiene un beneficio estetico e funzionale allo stesso tempo.

Il setto nasale

Il setto nasale

A parere del Dr Robotti, è poi preferibile che sia lo stesso chirurgo ad occuparsi sia dell’estetica che della funzione, evitando in genere di ricorrere all’intervento di due diversi specialisti nello stesso intervento.  Ciò proprio perché le manovre su estetica e funzione sono spesso  le stesse, o comunque  connesse strettamente tra loro, il che avviene meglio  e con più efficacia seguendo una pianificazione unica e precisa.

Il Dr Robotti consiglia infine pressoché sempre  l’esecuzione di una TAC del distretto setto-turbinati prima dell’intervento: l’ analisi della TAC da parte del chirurgo vi farà comprendere spesso la ragione dei problemi respiratori e servirà come una “road map” per lo stesso chirurgo nel corso dell’ intervento.  In determinati casi (ad es. alcune rinoplastiche secondarie o specifiche situazioni ossee), il Dr. Robotti vi suggerirà di richiedere anche un “rendering 3D” della TAC, cioè una ricostruzione tridimensionale della stessa. Ciò allo scopo di ancor meglio pianificare la chirurgia delle osteotomie richieste, specie se multiple.

In questa foto è evidente una deviazione ad “S” del setto

In questa foto è evidente una deviazione ad “S” del setto


In questa TAC sono evidenti sia la deviazione sinistro-convessa del setto che l’ipertrofia “compensatoria” del turbinato inferiore dx. Inoltre, si nota una “concha bullosa” del turbinato medio dx

In questa TAC sono evidenti sia la deviazione sinistro-convessa del setto che l’ipertrofia “compensatoria” del turbinato inferiore dx. Inoltre, si nota una “concha bullosa” del turbinato medio dx


In queste TAC con rendering 3D si nota l’asimmetria delle ossa nasali e la deviazione del setto

In queste TAC con rendering 3D si nota l’asimmetria delle ossa nasali e la deviazione del setto

IL NASO NATURALE, LE SUE PROPORZIONI ED IL GIBBO

Le ossa nasali e le cartilagini triangolari, che definiscono gran parte del dorso, ed alari, che costituiscono le due arcate cartilaginee della punta ed i due “duomi”

Le ossa nasali e le cartilagini triangolari, che definiscono gran parte del dorso, ed alari, che costituiscono le due arcate cartilaginee della punta ed i due “duomi”

La maggior parte dei pazienti oggi desidera un risultato “naturale”, cioè che sia naturalmente attraente ed adatto al viso, ed inoltre respiri correttamente.   I criteri estetici attuali, come è evidente anche nel mondo della moda e dello spettacolo, si sono evoluti e raffinati.  Per quanto sia difficile definire universalmente ciò che è “bello”, dato che la bellezza non è esprimibile in numeri e formule prefissate, è possibile avvicinarsi ad una ideale pratico studiando visi ben proporzionati ed armonici.

Si tratta allora di ottenere un naso che  il/la paziente potrebbe naturalmente avere, il quale ripristini l’armonia del viso senza alcuna caratteristica “rifatta” che richiami evidentemente un intervento.  Per essere definita un successo, la rinoplastica oggi deve allora dare un risultato che si adatti a quel viso specifico armoniosamente, in modo cioè più naturale del naso di prima.  Per il Dr Robotti, ciò significa innanzitutto evitare di standardizzare il risultato, con metodi  che ottengano in modo rapido e predeterminato  “uno stesso naso per tutti i pazienti”.  Non ha quindi un suo unico modello di naso “fotocopia” da “imporre” al paziente.  Tanto differenti sono i visi, quanto deve essere differente un naso che risulti congruo a quel viso  (vedi Gallery).  Oggi si può realmente “individualizzare” meglio il naso al viso del paziente senza più ottenere sempre il tipico aspetto “standard”, in voga negli anni ‘50 e ’60,  del “naso operato”, cioè un nasino “alla Barbie”, concavo all’insù e con la punta spesso stretta e “pinzata”.   L’importanza di una precisione millimetrica nella tecnica è fondamentale: basta anche un modesto eccesso di resezione per passare da un naso naturale ed elegante ad un naso insellato e pinzato!

I difetti specifici di un naso si possono eliminare ridistribuendo i volumi tra le diverse zone in modo accurato, ma sempre ottenendo un naso in sintonia con il resto del viso.

Nella donna il risultato dovrà essere un naso naturale ma “femminile”, nell’uomo un naso più “forte”.

Si deve così introdurre il fondamentale concetto delle proporzioni tra le parti di un naso: la radice, il dorso e la punta, con angoli corretti sia tra naso e fronte, che tra naso e labbro superiore. Queste proporzioni e questi angoli devono essere tra loro in armonia.

Il “punto di partenza” ideale del naso è collocabile appena sopra la linea delle ciglia a sguardo in avanti

Il “punto di partenza” ideale del naso è collocabile appena sopra la linea delle ciglia a sguardo in avanti

Questo principio vale sia per le situazioni in cui si renda effettivamente necessario un cambiamento importante che per quelle in cui si voglia ottenere un cambiamento meno evidente ma più “sottile” e raffinato: queste “rinoplastiche di finezza” non sono affatto più facili delle altre perché le aspettative di chi le richiede sono giustamente assai elevate e la finestra di errore davvero minima.

Esempi di casi in cui si sono ristabilite le “proporzioni”

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Ne consegue un principio di fondo, che è necessario ben comprendere:  troppo spesso ci si sente chiedere dal paziente solo “un ritocco” alla punta o una “limatina” al dorso, ma ciò non è possibile, né ha senso in una struttura che è composta di molte componenti che devono essere bilanciate tra loro: ad esempio, solo abbassare il dorso “togliendo la gobba” significherebbe creare  un naso otticamente più lungo e più cadente se non si sostenesse e rialzasse contemporaneamente  la punta e, ove necessario, non si rialzasse la radice.

 Innesto di riempimento alla radice

Innesto di riempimento alla radice


Innesto di sostegno alla punta (“strut”)

Innesto di sostegno alla punta (“strut”)

Per ottenere queste proporzioni corrette, ovviamente, serve sia rimuovere delle componenti laddove sono in eccesso che aggiungerne dove mancano, mediante innesti, di solito di cartilagine del setto.

Ciò riporta al concetto, più volte ribadito in questo sito, della rinoplastica di “ridistribuzione strutturale” dei molti elementi che compongono il naso.   Il quadro allora deve essere globale, dato che la modifica di ogni componente comporta necessariamente il riequilibrio di tutte le altre.

Innesto di riempimento alla radice tipo DCF “fascial pillow”: si tratta di un ” cuscino” di fascia con dadini di cartilagine al suo interno

Innesto di riempimento alla radice tipo DCF “fascial pillow”: si tratta di un ” cuscino” di fascia con dadini di cartilagine al suo interno


Innesto tipico di sostegno alla punta tipo “strut columellare”

Innesto tipico di sostegno alla punta tipo “strut columellare”


Esempi di casi in cui un innesto di riempimento alla radice migliora le proporzioni del naso

Esempi di casi in cui un innesto di riempimento alla radice migliora le proporzioni del naso


Esempi di casi in cui un innesto di sostegno alla punta rende meno evidente il gibbo. Il gibbo reale da correggere non sarà più quello “apparente” di prima.

Esempi di casi in cui un innesto di sostegno alla punta rende meno evidente il gibbo. Il gibbo reale da correggere non sarà più quello “apparente” di prima.


Esempi di casi in cui si sono usati innesti sia alla radice che alla punta per migliorare la proporzioni del naso.

Esempi di casi in cui si sono usati innesti sia alla radice che alla punta per migliorare la proporzioni del naso.

Qual è, comunque, oggi in genere il profilo più desiderabile?

Nella donna,  il profilo ideale deve partire a livello di una linea posta all’incirca tra ciglia e solco palpebrale, per poi viaggiare diritto, o appena con una minima concavità, fino ad appena prima della punta, la quale infine si rialzerà appena rispetto a tale linea dritta. Detto in altro modo, il profilo ideale dovrebbe  essere in genere di circa 2-3 mm  posteriore ad una linea retta che congiunge l’angolo nasofrontale alla punta.  Alcune pazienti preferiscono comunque un grado minore o pressochè nullo di rialzo della punta.

Esempi di casi in cui lo “stacco” desiderato è minimo: il profilo è pressochè diritto.

Esempi di casi in cui lo “stacco” desiderato è minimo: il profilo è pressochè diritto.


Esempi di casi in cui lo “stacco” è più evidente

Esempi di casi in cui lo “stacco” è più evidente

Nell’uomo, il naso deve ancora risultare “maschile” dopo l’intervento, quindi con un profilo appena più alto e senza “stacco” della punta. Talora, sarà anche accettabile un poco di convessità del dorso.

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Nel naso di età “più matura”, invece, si dovrà evitare una concavità e  lo stacco evidente della punta, ovviamente ancora di più nell’uomo rispetto alla donna.

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Oltre ai profili ed ai tre quarti, è altrettanto importante la visione di fronte, che troppo spesso viene ignorata nelle foto postoperatorie di rinoplastiche effettuate.  Come verrà detto più avanti (vedi dorso) il controllo delle linee estetiche del dorso rappresenta uno dei momenti più importanti e delicati nell’effettuazione di una rinoplastica,  in cui il desiderio di alcuni pazienti di stringere lo spazio tra le ossa nasali può essere perseguito solo finché ciò non va a discapito della funzione respiratoria.

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E’ ovvio quanto sia importante, nel chiarire tutto questo, il ruolo di una simulazione al computer, per poter realisticamente condividere con il/la paziente quanto è ottenibile nella sua rinoplastica. Saranno certamente possibili delle variazioni in base ai desideri (ad esempio un grado maggiore di stacco della punta in una ragazza, o, al contrario, un accenno di “movimento” del dorso), ma sempre tenendo conto dell’obiettivo finale di ottenere un naso naturale, senza caratteristiche “rifatte”.

LA RINOPLASTICA “OPEN” O “APERTA”

Detto semplicemente, aprire significa “vedere” direttamente, a “cielo aperto”, senza le difficoltà e la distorsione delle cartilagini legata all’accesso “chiuso” (endonasale). La diagnosi delle varie deformità esistenti diventa ovvia, e diventa assai preciso il posizionamento delle suture e degli innesti, facilitato, tra l’altro, dal controllo diretto di qualsiasi sanguinamento. Tutte le strutture del naso vengono esposte, ed intervenire su di esse risulta più controllabile e sicuro. Il rimodellamento di dorso e punta è conservativo (meno resezione di strutture e più modellamento), preciso e graduale, ed il risultato, perché “strutturale” e verificato sotto visione diretta, non è distruttivo e si mantiene stabile nel tempo.
cap4_1Riposizionare, Ridistribuire, Ritenere, ed al tempo stesso Ridurre quanto basta, sono i termini chiave di una moderna rinoplastica “strutturale” che costruisca un naso naturale ed elegante, non destinato a collasso successivo o a deformità progressive negli anni perché oggetto di una chirurgia veloce solo resettiva. Per semplicità, basti pensare ad una busta sottovuoto attorno ad un prodotto da conservare; la forma che acquista (certamente, solo con il passar del tempo nel caso di una rinoplastica) è quella della struttura che ricopre! Al posto di una riduzione aggressiva di osso e cartilagine, destinata tra l’altro a dare problemi respiratori nel tempo, oggi si deve ridistribuire il materiale presente per ripristinare proporzioni armoniche e garantire, migliorandola ove serva, la respirazione. Anche la chirurgia delle deviazioni e delle deformità del setto viene così facilitata. Proprio per queste ragioni, la rinoplastica “open” è oggi di gran lunga la più impiegata negli Stati Uniti, patria della maggior parte dei chirurghi più conosciuti nel settore e laddove il Dr Robotti ha ricevuto la sua formazione chirurgica.
Certamente esistono ottimi chirurghi che praticano prevalentemente rinoplastica “chiusa”, ma le numerose tecniche impiegabili in “aperta” consentono generalmente una correzione precisa, strutturale ed accurata, che è assai difficilmente eguagliabile altrimenti. Molte delle numerose tecniche oggi più efficaci in rinoplastica sono pressochè impossibili da usare in “chiusa”, e scarsa consolazione sarebbe per il paziente aver evitato una piccola cicatrice alla columella al costo di un risultato solo modesto. Per questo motivo, il Dr Robotti usa esclusivamente l’approccio “aperto”. Certamente l’intervento in “aperta” dura un tempo più lungo rispetto alla “chiusa”, ma questo avviene soprattutto perchè, una volta “aperta” l’anatomia del paziente, diventa assai più ricco e vario il “menu” delle possibili manovre da compiere, diverse a seconda del caso specifico, e quindi “individualizzate” al paziente. La piccola cicatrice a livello della columella nella grande maggioranza dei casi non costituisce un problema, in quanto resta pressochè invisibile dopo 6-8 mesi.
Si rimanda al capitolo “Rinosettoplastica” per la descrizione generale dell’intervento e le avvertenze pre e postoperatorie. Per miniclips intraoperatorie (cioè brevi filmati durante l’intervento) vedere “miniclips”.

I VANTAGGI DELLA RINOPLASTICA “STRUTTURALE”

Il concetto di rinoplastica “strutturale” è all’opposto della rinoplastica “escissionale”.  Quest’ultima significa fondamentalmente una resezione ( quindi rimozione)  progressiva delle cartilagini nasali allo scopo di modificare il contorno della punta delle narici .  Per molti anni questa asportazione di tessuto è stato l’unico modo conosciuto, in rinoplastica chiusa, per alterare la forma della punta, e resta comunque ad oggi  praticata da alcuni chirurghi.  Certamente bastavano 30-45 minuti di chirurgia per la rinoplastica ma ne conseguivano nasi piccoli, spesso scavati, punte pinzate, deficit respiratori  e deformità della punta più evidenti con il passare del tempo. Data anche la mancanza di tecniche alternative, il pazienti erano comunque relativamente soddisfatti, specie inizialmente, quanto meno della riduzione del gibbo e del volume del naso.

Oggi tuttavia i canoni di bellezza sono mutati allontanandosi dall’aspetto stereotipato e ovviamente chirurgico della rinoplastica “escissionale”.  Basta consultare qualsiasi rivista di moda per comprendere che oggi i pazienti perlopiù ricercano un naso naturale ed elegante, ben proporzionato. La chiave per ottenerlo è ristrutturare le cartilagini, modificandone attentamente la forma piuttosto che semplicemente resecarle, con il rischio di un  aspetto innaturale e di una deformità progressiva.

Foto “stereotipo” di esiti di rinoplastica escissionale: punte asimmetriche, pinzate e retratte da eccesso di resezione delle cartilagini

Foto “stereotipo” di esiti di rinoplastica escissionale: punte asimmetriche, pinzate e retratte da eccesso di resezione delle cartilagini

“Rinoplastica Strutturale”  quindi significa l’attento mix “al millimetro” tra la quota necessaria di rimozione di cartilagine (la minore possibile per evitare il rischio di deformità, progressivo indebolimento, e perdita di supporto), il modellamento accurato delle strutture residue con suture e la frequente aggiunta di piccoli elementi cartilaginei di rifinitura e supporto (vedi innesti). Si tratta quindi di ritenere, riposizionare, ristrutturare e rinforzare.  La forma finale sarà stabile e permanente, ed il risultato preciso e prevedibile.  Il concetto fondamentale è preservare la cartilagine e rimodellarla piuttosto che rimuoverla: ciò migliora l’accuratezza, l’affidabilità e la predicibilità della rinoplastica contemporanea

Foto esemplificativa di una punta globosa che è stata rimodellata con un misto di resezione, suture ed innesti, quindi con tecnica “strutturale”. È logico che ciò diventi più semplice in rinoplastica aperta rispetto alla chiusa, dove molte di queste manovre non sono praticabili o lo sono solo in parte, per l'ovvia limitazione alla piena visibilità

Foto esemplificativa di una punta globosa che è stata rimodellata con un misto di resezione, suture ed innesti, quindi con tecnica “strutturale”.
È logico che ciò diventi più semplice in rinoplastica aperta rispetto alla chiusa, dove molte di queste manovre non sono praticabili o lo sono solo in parte, per l’ovvia limitazione alla piena visibilità

LA PUNTA: FORMA E PROIEZIONE

Forma, dimensione e spessore delle cartilagini “alari” determinano l’aspetto della punta. La rinoplastica “aperta” consente al meglio, in modo “strutturale” e sotto visione diretta, di modificare questi parametri

Forma, dimensione e spessore delle cartilagini “alari” determinano l’aspetto della punta.
La rinoplastica “aperta” consente al meglio, in modo “strutturale” e sotto visione diretta, di modificare questi parametri

La rinoplastica “aperta” consente in modo ideale di modificare, in modo stabile ed accurato, l’architettura della punta. Ciò, in pratica, (vedi capitolo “Rinosettoplastica”) si fa sia rimuovendo (in modo assai conservativo per evitare di compromettere la stabilità strutturale)  le parti in eccesso che mediante l’uso di specifiche suture ed innesti, di solito prelevati dal setto. La possibilità di lavorare sotto visione diretta rende queste manovre particolamente precise ed efficaci e consente la correzione di deformità anche assai rilevanti.  La qualità di pelle influirà molto nel grado di “finezza” possibile circa la forma della punta: inevitabilmente, una pelle spessa limiterà il grado di “finezza” ottenibile, perché maschererà, almeno in parte, il dettaglio delle strutture cartilaginee sottostanti.

La forma “ideale”, “a triangolo” della punta, con una buona definizione dei “domes” ed adeguato contorno delle due ali nasali, senza innaturali pinzature

La forma “ideale”, “a triangolo” della punta, con una buona definizione dei “domes” ed adeguato contorno delle due ali nasali, senza innaturali pinzature


la forma e definizione della punta “ideale” avviene innanzitutto, dopo aver rimosso l’eccesso delle cartilagini, mediante suture, per dare ad esse una forma corretta, definibile, in pratica, “ a diamante”

la forma e definizione della punta “ideale” avviene innanzitutto, dopo aver rimosso l’eccesso delle cartilagini, mediante suture, per dare ad esse una forma corretta, definibile, in pratica, “ a diamante”

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Preop: la punta è “quadrata” e globosa il bordo alare appare

Preop: la punta è “quadrata” e globosa il bordo alare appare


Postop: la punta è “triangolare” il bordo alare appare dritto

Postop: la punta è “triangolare” il bordo alare appare dritto


Dopo aver determinato la forma della punta con specifiche suture, è spesso necessario “irrobustire” con innesti sottili anche le ali nasali, sia per evitare pinzature che per definire la forma estetica ideale

Dopo aver determinato la forma della punta con specifiche suture, è spesso necessario “irrobustire” con innesti sottili anche le ali nasali, sia per evitare pinzature che per definire la forma estetica ideale

Talvolta questi innesti sottili di cartilagine (provenienti dal setto nasale) sono posti sotto le cartilagini alari, per renderle dritte e robuste (figg sopra e a fianco),

altre volte sono invece posti in piccole e precise  tasche al bordo delle narici, anche allo scopo di aprire la “valvola nasale esterna” (fig sotto),

Esempio di innesti sottili posti in piccole “tasche” al bordo esatto delle narici

Esempio di innesti sottili posti in piccole “tasche” al bordo esatto delle narici

Altre volte ancora, laddove la forma delle cartilagini alari sia “a parentesi”, quindi orientata troppo verso l’alto, favorendo la pinzatura della punta, sarà preferibile “trasporre” le cartilagini in basso, dando il giusto supporto al bordo delle ali nasali e risolvendo al contempo il problema della “globosità” della punta

Esempio di “trasposizione” verso il basso delle cartilagini alari, dopo averle raddrizzate con l’utilizzo di innesti sottili di setto posti sul loro versante interno

Esempio di “trasposizione” verso il basso delle cartilagini alari, dopo averle raddrizzate con l’utilizzo di innesti sottili di setto posti sul loro versante interno

cap6_10Altre volte, infine, si aggiungono innesti fini e rigidi (ideali per dare “struttura” alle ali nasali) “articolandoli” ai duomi, con opportuna inclinazione verso il basso, ma lasciando al proprio posto le cartilagini alari originali

 

 

cap6_11In pratica, si tratta comunque quindi sia di “scolpire”, con la combinazione più appropriata di diverse suture,

la forma dei due “duomi” (“domes”) della punta, che di creare una forma diritta ed elegante delle due ali nasali, che confluisca in modo armonico con la punta stessa, evitando pinzature laterali (che provocherebbero un effetto di “punta a palla” perché concava ai sue due lati)

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La forma finale della punta viene allora definita, quando nnecessario, mediante innesti sottili, di varia forma e dimensione, che possono provenire sia dalla parte in eccesso delle stesse cartilagini alari che dal setto nasale

La forma finale della punta viene allora definita, quando nnecessario, mediante innesti sottili, di varia forma e dimensione, che possono provenire sia dalla parte in eccesso delle stesse cartilagini alari che dal setto nasale


innesti di definizione finale della forma provenienti dalla parte in eccesso delle stesse cartilagini alari

innesti di definizione finale della forma provenienti dalla parte in eccesso delle stesse cartilagini alari


innesti di definizione finale della forma provenienti dal setto nasale

innesti di definizione finale della forma provenienti dal setto nasale

 

È evidente come la forma finale data alla punta mediante uso accurato di innesti si rifletta in una buona estetica una volta riposizionata la cute

È evidente come la forma finale data alla punta mediante uso accurato di innesti si rifletta in una buona estetica una volta riposizionata la cute

Punta globosa

Si tratta di una punta larga, non definita. talvolta “a palla”, talvolta addirittura “quadrata”.

La forma è dovuta alle cartilagini alari (cartilagini della punta), troppo larghe e spesso troppo robuste, talvolta separate da una depressione al centro.  La correzione consiste in una combinazione accurata di rimozione della parte in eccesso e  di suture di modellamento. Di solito si devono usare anche innesti sottili dal setto per correggere la convessità e definire meglio il contorno estetico delle ali n asali.  Quando le cartilagini sono anche particolarmente rivolte verso l’alto (deformità “a parentesi”), devono essere anche riposizionate più in basso. Spesso, la parte rimossa  in eccesso delle cartilagini alari viene impiegata come innesti morbidi ed assai sottili da porre in una nuova posizione proprio  sulla punta neoformata, per darle una struttura più armonica ed elegante.

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Punta asimmetrica

Le varianti possibili sono numerosissime, perché ogni punta che appare storta, disassata, o comunque asimmetrica ha una ragione “anatomica” della sua specifica deformità.  Il problema  comunque riguarda, seppur in modo e percentuale differente da caso a caso,  le cartilagini alari, le loro “crura” mediali e laterali, ed i “domes” (duomi) che configurano i due “punti di riflesso della luce”  della stessa punta.

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Qualsiasi sia la ragione dell’asimmetria (gradi diversi di concavità o convessità, “domes” asimmetrici, deformità di varia natura..), lavorando con tecnica aperta, cioè sotto visione diretta, sarà possibile ottenere una punta bilanciata e simmetrica con l’uso di molte e differenti tecniche. Tutte comunque sempre impiegano suture di modellamento ed innesti cartilaginei, nell’ottica di una rinoplastica “strutturale”  stabile nel tempo.

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In certe asimmetrie particolarmente severe, specie se con cute sottile, potrà essere impossibile correggere le deformità al 100%, e qualche piccola imperfezione potrà rimanere, nonostante magari anche l’impiego di innesti di fascia come “camouflage”.  Come già detto, la richiesta di perfezione assoluta del risultato non è un obiettivo realistico perché troppe sono le variabili in gioco, qualsiasi sia l’esperienza del chirurgo.

 

Punta troppo proiettata

“Proiezione”  è il termine che significa quanto “avanti” si proietta il naso rispetto al viso. Una punta troppo proiettata, “alla Pinocchio”, domina il profilo rendendo disarmoniche le proporzioni del volto.   Correggere un’iperproiezione (eccesso di proiezione) della punta richiede di solito  sia il ridurre la proiezione stessa che

una contemporanea correzione delle proporzioni tra  radice, dorso e punta del naso, per renderlo più bilanciato.

Ad esempio, talora sarà necessario rialzare con innesti la radice del naso se troppo scavata.  Talvolta, sarà anche consigliabile considerare il rapporto del naso con il mento e le labbra, per ridare  armonia a tutto il profilo del viso, e quindi considerare un’addizione volumetrica del mento e/o delle labbra (vedi:  importanza delle proporzioni con mento e labbro)

Comprendere il concetto di proporzioni, su cui abbiamo già insistito, è fondamentale: un naso troppo grande con una gobba evidente necessita quindi non solo di ridurre la gobba, ma anche di ridurre la proiezione della punta e, spesso  di un accorciamento della lunghezza.

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L'iperproiezione spesso si accompagna ad un naso “in tensione”, che pone quasi in trazione il labbro superiore. Per normalizzare l'angolo tra columella e labbro, e’ allora necessario modificare la spina nasale e/o la porzione bassa del setto

L’iperproiezione spesso si accompagna ad un naso “in tensione”, che pone quasi in trazione il labbro superiore. Per normalizzare l’angolo tra columella e labbro, e’ allora necessario modificare la spina nasale e/o la porzione bassa del setto


In questo caso è stato utile, oltre alla deproiezione ed all'accorciamento di lunghezza, anche un modico riempimento alla radice del naso

In questo caso è stato utile, oltre alla deproiezione ed all’accorciamento di lunghezza, anche un modico riempimento alla radice del naso

La riduzione (“deproiezione” ) di una punta troppo proiettata si ottiene tecnicamente con manovre accurate di riduzione e, talora, accorciamento tipo “telescopizzazione”, della porzione laterale delle cartilagini alari, senza però indebolirne la struttura,  evitando quindi di finire in una punta collassata e “pinzata”.

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Non deve quindi stupire che anche  in questo contesto di prevalente riduzione  si debba spesso ricorrere a stabilizzazione strutturale con suture ed innesti .  Anche in questo,  la rinoplastica aperta consente grande precisione e stabilità di risultato.

 

Punta troppo poco proiettata e punta “cadente”

In questo caso molto frequente, il concetto è il contrario: nel naso con punta troppo poco proiettata, spesso ricurva e cadente (“drooping tip”)  specie se il naso è troppo lungo, si dovrà sostenere la punta in modo stabile e strutturale con suture e specifici innesti di cartilagine prelevati dal setto.  Diverse e complesse sono le opzioni tecniche possibili, che devono essere individualizzate applicandole in modo corretto nel singolo caso specifico.

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Frequentemente si potrà impiegare un innesto di sostegno alla columella “strut columellare” (in figura) … altre volte si impiegherà la stessa porzione più distale del setto come supporto…. altre volte ancora si otterrà sia maggior proiezione che il rialzo della punta con un innesto di “estensione” del setto.  È ovvio che l’approccio aperto rende queste opzioni praticabili con precisione ed effetto immediatamente misurabile.

La punta sostenuta e rialzata, accorciata o allungata secondo il caso, resterà stabile nel tempo, e non tornerà a scendere nel sorriso.  La mobilità originaria della punta sarà di necessità grandemente ridotta, ma ciò non costituisce in pratica di solito un problema per il paziente.

Esempi delle tre tecniche più frequenti di sospensione della punta:

a)Innesto alla columella: “strut columellare”

a) Innesto alla columella: “strut columellare”


b)Sospensione diretta sul setto : “tongue-in-groove”

b) Sospensione diretta sul setto : “tongue-in-groove”


c)Innesto di estensione del setto : “septal extension graft”

c) Innesto di estensione del setto : “septal extension graft”

Ovviamente, resta principio  essenziale ristabilire le proporzioni del naso tra le sue componenti: radice, dorso e punta, non potendosi limitare ad una sola manovra sulla punta senza considerare l’effetto che questa manovra produce sulle altre componenti del naso.

Ridare opportuno sostegno alla punta rende talvolta ovvia l'opportunità di ridurre meno il dorso di quanto si sarebbe inizialmente potuto pensare. Infatti una quota di gibbo diviene “apparente”, perché controbilanciata dal rialzo della punta

Ridare opportuno sostegno alla punta rende talvolta ovvia l’opportunità di ridurre meno il dorso di quanto si sarebbe inizialmente potuto pensare. Infatti una quota di gibbo diviene “apparente”, perché controbilanciata dal rialzo della punta

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Nel sorriso, la punta resterà sostenuta e stabile, donando armonia al profilo

Nel sorriso, la punta resterà sostenuta e stabile, donando armonia al profilo

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La rinoplastica aperta consente grande accuratezza nel determinare di quanto rialzare la punta e di quanto farla “staccare” rispetto al dorso.  La simulazione al computer sarà indispensabile come mezzo fondamentale di comunicazione tra paziente e chirurgo per decidere questo insieme e poter valutare prima dell’intervento l’effetto ottico delle manovre previste.

IL DORSO: PROFILO E LINEE ESTETICHE

Dorso e punta del naso sono sempre da considerare insieme nel corso di una rinosettoplastica, in quanto ogni manovra chirurgica su ciascuno crea effetti sull’altro, rendendo necessario bilanciare la proporzioni tra i due.  Anche se il paziente spesso chiede  solo “un ritocco” alla punta o una “limatina” al dorso, ciò non ha senso in una struttura che è composta di molte componenti che devono essere bilanciate tra loro: soltanto abbassare il dorso “togliendo la gobba” significherebbe creare in realtà  un naso più lungo e più cadente se non si sostenesse e rialzasse contemporaneamente  la punta, anche rialzando la radice se necessario.

Ciò vale sia per la visione di profilo (vedi “il naso naturale e le sue proporzioni”)., con l’individualizzazione al caso specifico, al sesso (il naso maschile non dovrà avere lo stesso profilo di quello femminile) e all’età, sia per la visione dal davanti, in cui le “linee estetiche” (quelle laterali) del dorso devono essere armoniche ed appena divergenti dalla radice alla punta.

La visione di fronte,  spesso ignorata nelle foto postoperatorie, è invece importante, insieme alla visione di  tre quarti, per valutare la reale qualità del risultato.

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Anche qui, una visita accurata, la visione delle foto di  molti casi operati e la  simulazione al computer sono ingredienti fondamentali per un buon risultato dell’intervento.

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Negli ultimi anni, la chirurgia del dorso del naso è andata decisamente evolvendosi con nuove tecniche oltre che con nuova e più sofisticata strumentazione.  Il Dr Robotti usa oggi  frese, lame e microseghe elettriche e , in tempi ancora più recenti , di piezochirurgia (fondata su microvibrazioni ultrasoniche ).  L’utilizzo di queste nuove strumentazioni ha in effetti costituito una delle recentissime  frontiere più importanti nel campo sempre in dinamica evoluzione della rinoplastica. Lo scopo, in pratica, è oggi quello di esercitare un controllo assai più accurato delle precise modifiche da apportare alle ossa nasali con un trauma decisamente minore rispetto a “martello e scalpello”. Quindi :

1)   Il “gibbo” (gobba) viene ridotto e modellato in modo assai più preciso.  in pratica, viene superato il concetto di una rapida rimozione “monoblocco” della gobba con lo scalpello (il che spesso provoca un eccesso di riduzione ed irregolarità), a favore invece di una attenta riduzione “millimetro per millimetro” delle componenti ossee e cartilaginee della gobba stessa.

2) l’”osteotomia” cioè la frattura chirurgica delle ossa nasali (perché larghe o perché necessaria dopo la rimozione del gibbo), viene gestita individualmente (per ciascuna delle due ossa) previo un accurato studio della TAC, con manovre talvolta di modifica differenziale (cioè individuale) della reciproca posizione delle ossa nasali. Questa è ovviamente una manovra molto più sofisticata di una rapida frattura chirurgica con osteotomo e martello.

A questi scopi, il Dr Robotti oggi impiega prevalentemente strumentazione elettrica con frese e microseghe “oscillanti e reciprocanti) e strumentazione ad ultrasuoni piezo, il che consente decisamente maggior precisione nelle osteotomie, nella riduzione del gibbo, e anche nella manipolazione morfologica delle irregolarità ossee. Ne consegue, tra l’altro, un trauma assai minore a carico delle strutture oggetto di tali manovre.

Oltre al modellamento delle ossa nasali e la riduzione del gibbo, sono spesso necessari innesti, solitamente provenienza dal setto, per ricostituire la simmetria delle linee estetiche del dorso: si tratta prevalentemente di “spreader grafts” (innesti di “separazione”), disposti anche differenzialmente sui lati del setto.  A ciò si accompagna il frequente uso di “autospreaders” (cioè delle stesse cartilagini triangolari rivoltate all’interno sui lati del setto) oltre che di sottili lembi osteopericondrali per dare uniformità al dorso.  Talora,  si deve anche ricorrere all’impiego di fascia temporale qualora la cute sia particolarmente sottile o si voglia colmare una concomitante depressione alla radice del naso.

Ovviamente, anche qui la funzione si accompagna pari passo all’estetica: ad es. gli innesti “spreaders” vengono spesso utilizzati per migliorare la respirazione allargando la valvola nasale interna

Ovviamente, anche qui la funzione si accompagna pari passo all’estetica: ad es. gli innesti “spreaders” vengono spesso utilizzati per migliorare la respirazione allargando la valvola nasale interna


spreaders, autospreaders e combinazione di entrambi

spreaders, autospreaders e combinazione di entrambi


Esempi di sega oscillante e micro-raspa reciprocante, entrambe elettriche

Esempi di sega oscillante e micro-raspa reciprocante, entrambe elettriche


Esempio di fresa “piezo” Di recentissima introduzione in rinoplastica, la chirurgia piezoelettrica è una nuova tecnica di osteotomia e osteoplastica che utilizza gli ultrasuoni per “tagliare” e “modellare” l’osso con grande precisione e massimo rispetto dei tessuti adiacenti

Esempio di fresa “piezo”
Di recentissima introduzione in rinoplastica, la chirurgia piezoelettrica è una nuova tecnica di osteotomia e osteoplastica che utilizza gli ultrasuoni per “tagliare” e “modellare” l’osso con grande precisione e massimo rispetto dei tessuti adiacenti


Esempio di lembi osteopericondrali per ridare omogeneità al dorso, ricostruito dopo rimozione del gibbo

Esempio di lembi osteopericondrali per ridare omogeneità al dorso, ricostruito dopo rimozione del gibbo

IL NASO LUNGO ED IL NASO CORTO

“Lunghezza”  è il termine che significa quanto è lungo il naso misurandolo dal suo inizio alla radice fino alla punta.  Ancora una volta, quanto più conta è il concetto di ristabilire delle proporzioni armoniche tra radice, dorso e punta.   Il naso lungo potrà essere caratterizzato da una punta troppo proiettata, e quindi richiederne la de-proiezione, o, frequentemente, da una punta troppo poco proiettata,  “aquilina” e talvolta cadente (“drooping tip”), e quindi richiedere, contemporaneamente all’accorciamento, anche il rialzo accurato della punta con innesti strutturali per averla in linea con il dorso o, secondo i casi, con una certa percentuale predefinita di “stacco” rispetto al profilo del dorso. La correzione di una punta cadente (tipica anche dell’età più avanzata) con il sostegno di innesti strutturali migliorerà già di per sè il profilo del naso, rendendo il gibbo meno apparente, e quindi riducendo la quantità richiesta di abbassamento dello stesso.  Il naso corto, invece, apparirà con la punta rivolta troppo all’insù, e richiederà un “allungamento” mediante accurata aggiunta di innesti cartilaginei alla punta, con un effetto di maggior armonia nel profilo ed un angolo più gradevole tra columella e labbro superiore.

Esempio di “punta cadente”, che appare sospesa dall’angolo settale, cioè dal punto dove il setto termina

Esempio di “punta cadente”, che appare sospesa dall’angolo settale, cioè dal punto dove il setto termina


Naso lungo: le cartilagini alari dovranno essere modificate

Naso lungo: le cartilagini alari dovranno essere modificate

Spesso il naso corto si può incontrare nella rinosettoplastica secondaria, a causa di un eccesso di accorciamento del setto distale e di una eccessiva riduzione delle cartilagini alari, cui consegue retrazione delle narici e rotazione verso l’alto della punta

Esempi di naso corto in rinoplastica secondaria: l'allungamento è stato ottenuto con innesti prelevati dal setto posteriore. Ovviamente la proiezione è stata abbassata

Esempi di naso corto in rinoplastica secondaria:
l’allungamento è stato ottenuto con innesti prelevati dal setto posteriore. Ovviamente la proiezione è stata abbassata

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IL NASO “GRANDE”

Un naso “grande” è quello che appare di dimensioni eccessive per il viso in ogni sua dimensione.  Essendo così evidente, finisce per attrarre l’attenzione a scapito di altri elementi, magari di per sé gradevoli, del viso. Spesso, è presente un gibbo e/o una punta cadente. La correzione richiede un’attenta combinazione di riduzione di lunghezza, larghezza e proiezione, oltre che, talora, della dimensione stessa delle narici. Si tratterà anche qui di ristabilire delle proporzioni armoniche, pur riducendo le dimensioni di molti elementi. Le situazioni possibili saranno molte,  varie e spesso combinate, richiamandosi quindi in parte a quanto già detto sul naso lungo ed il naso poco proiettato con punta cadente.

Quantità e qualità di pelle saranno molto importante per valutare quanta riduzione è effettivamente possibile: una pelle spessa, inelastica non consentirà una riduzione eccessiva, altrimenti ne risulterebbe un naso più piccolo sì, ma mal definito se non amorfo.  In una situazione di pelle “eccessiva” e/o spessa, è fondamentale che il paziente comprenda chiaramente quali sono i limiti della riduzione possibile (qui la simulazione riveste ruolo fondamentale): di solito sarà necessario combinare una quota di riduzione ad una quota di ristrutturazione con innesti per ridare proporzioni corrette.  Nella sua interezza, il volume del naso sarà ridotto solo parzialmente, ma l’aspetto sarà quello di un naso proporzionato, più elegante, ed, anche se apparentemente, certamente “più piccolo”.

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Esempio di miglioramento delle proporzioni in un naso con cute spessa ottenuto mediante innesti strutturali. L'effetto è quello di un naso più piccolo e più proporzionato. Qualora si fosse resecata la cartilagine, la punta sarebbe apparsa ancor più spessa e la cute ridondante

Esempio di miglioramento delle proporzioni in un naso con cute spessa ottenuto mediante innesti strutturali. L’effetto è quello di un naso più piccolo e più proporzionato. Qualora si fosse resecata la cartilagine, la punta sarebbe apparsa ancor più spessa e la cute ridondante

 

L’IMPORTANZA DELLE PROPORZIONI CON MENTO E LABBRO

In alcuni casi, è necessario valutare il profilo del viso nel suo insieme, piuttosto che limitato al solo naso.  Quando il mento è troppo retruso (sfuggente), un aumento di volume, altezza e/o proiezione del mento sarà utile per ristabilire delle proporzioni complessive più armoniche del viso.  Questo si potrà ottenere, a seconda dei casi, comunque contemporaneamente alla rinoplastica, con un lipofilling (innesto di grasso) del mento (per avanzamenti di entità limitata), oppure con una protesi mentoniera in silicone, oppure con un avanzamento osseo del mento. Mentre nel naso sono affatto da sconsigliare presidi protesici (dato il rischio di estrusione), le protesi specifiche mentoniere in silicone sono universalmente usate  senza particolari rischi per il mento.

Altrettanto, sarà talora utile, sempre nell’ottica di migliorare le proporzioni del viso, considerare un aumento volumetrico del labbro superiore e/o inferiore oltre alla rinoplastica. Mentre in passato si impiegavano a questo scopo vari innesti, autologhi (di fascia o di derma proprio) o alloplastici (Goretex etc.), oggi si ottengono risultati assolutamente eccellenti e del tutto naturali con l’uso di riempitivi (fillers).  Sono da preferirsi i fillers temporanei (durata 6-10 mesi) a base di acido ialuronico, in quanto perfettamente tollerati dall’organismo. Per quanto possano apparire attraenti, è meglio escludere fillers semipermanenti o permanenti, dato il rischio significativo di complicazioni legate al loro impiego.  Meno utile a livello delle labbra è il lipofilling, data l’alta percentuale di riassorbimento in una zona così dinamica come le labbra.

Non è però consigliabile effettuare un aumento di volume delle labbro con fillers contemporaneamente alla rinoplastica, dato essenzialmente l’ostacolo meccanico causato dal tubo dell’anestesia; meglio rimandare questa piccola procedura ambulatoriale ad un secondo tempo dopo l’intervento.

In questo caso è stata effettuata una mentoplastica con protesi mentoniera

In questo caso è stata effettuata una mentoplastica con protesi mentoniera


In questo caso è stata effettuato un lipofilling al mento

In questo caso è stata effettuato un lipofilling al mento


In questo caso è stata effettuato un riemppitivo con acido ialuronico. È evidente il miglioramento delle proporzioni tra naso e bocca.

In questo caso è stata effettuato un riemppitivo con acido ialuronico. È evidente il miglioramento delle proporzioni tra naso e bocca.


Esempi di filler alle labbra con acido ialuronico per completare l’esito estetico della rinoplastica sul profilo

Esempi di filler alle labbra con acido ialuronico per completare l’esito estetico della rinoplastica sul profilo


Esempio tipico di un caso che avrebbe necessità di riempimento delle labbra con acido ialuronico. L'utilizzo del rossetto non riesce a dissimulare completamente il difetto di volume specie del labbro superiore, che crea un effetto di allungamento dello stesso labbro

Esempio tipico di un caso che avrebbe necessità di riempimento delle labbra con acido ialuronico.
L’utilizzo del rossetto non riesce a dissimulare completamente il difetto di volume specie del labbro superiore, che crea un effetto di allungamento dello stesso labbro

IL SETTO, I TURBINATI e LE VALVOLE NASALI

Quasi sempre è necessario effettuare anche una settoplastica (riposizionamento del setto deviato)  ed una  turbinoplastica (riduzione della porzione ossea dei turbinati) contemporaneamente alla rinoplastica (vedi “la respirazione e l’estetica”).  Ovviamente, una setto-turbinoplastica sarà utile quando vi siano  sintomi di difficoltà respiratoria. Tipico è il/la paziente che respira con la bocca parzialmente aperta, ed ha ostruzione specie notturna, predisponendo così la via a disturbi del sonno ed apnee notturne, secchezza, raffreddori frequenti ed infiammazioni tracheosinusali. Tuttavia,  una setto-turbinoplastica sarà spesso  necessaria anche se non avete mai manifestato sintomi di difficoltà respiratoria: difatti, può accadere, ad esempio, che un setto deviato, ma non associato ad una deviazione visibile della piramide, determini ostruzione respiratoria dopo una rinoplastica. Ciò  in quanto le osteotomie (fratture chirurgiche delle ossa nasali) possono ridurre a tal  punto il diametro interno del passaggio aereo quanto basta per rendere sintomatica la deviazione preesistente se questa non viene contemporaneamente corretta.

Inoltre, come già più volte detto, è di solito necessario agire sul setto per  prelevare da esso innesti cartilaginei per i molti e diversi scopi cui tali innesti servono nel corso di una rinoplastica.

Evidente lo sperone osseo settale che crea ostruzione respiratoria, accanto ad una componente di setto impiegabile per la costruzione di innesti

Evidente lo sperone osseo settale che crea ostruzione respiratoria, accanto ad una componente di setto impiegabile per la costruzione di innesti

I messaggi più importanti da comprendere sono quindi

– la situazione del setto e turbinati non può essere ignorata nel corso di una rinoplastica, anche se il naso appare diritto: oltre all’ispezione interna, a tale scopo è grandemente utile una TAC

– non ha senso alcuno effettuare una rinoplastica ed una setto-turbinoplastica in tempi separati: si tratta di un unico intervento che deve essere effettuato contemporaneamente.  Se si effettua prima la chirurgia di setto e turbinati, verrà a mancare poi, se si decide di effettuare una rinoplastica,  il miglior materiale possibile (proprio il setto) per gli innesti che saranno pressoché sempre utili per la rinoplastica. Altresì, se si effettua invece la rinoplastica non si dovrà trascurare l’importanza di correggere allo stesso tempo  il setto per i motivi già detti.

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Particolare importanza riveste poi la chirurgia dei turbinati, che riguarda di solito i turbinati inferiori ma talora anche i turbinati medi (concha bullosa).  Per quanto si tratti di una porzione rapida e relativamente semplice della rinoplastica, è necessario che il chirurgo ponga attenzione al rispetto della mucosa dei turbinati, riducendo il volume dei turbinati senza però una resezione aggressiva della mucosa.  Questo allo scopo di evitare la possibilità di una “sindrome del naso vuoto” (ENS, Empty Nose Syndrome) in cui la resezione troppo aggressiva della mucosa dei turbinati fa sì  che l’aria inspirata entri in eccessiva quantità e non sia più riscaldata ed umidificata.

Infine, è da porre particolare attenzione alle cosiddette “valvole nasali”: quella esterna (a livello delle narici) e quella interna (sul dorso, ai lati del setto): queste “valvole” devono essere mantenute e/o ripristinate in una rinoplastica, con sia un opportuno sostegno alla punta che un ripristino delle corrette linee estetiche del dorso:

si tratta quindi di rinforzare l’ala nasale in quei casi in cui essa collassa con l’ispirazione (ripristinando la valvola esterna) che di usare innesti di opportuno allargamento (spreaders – vedi il dorso) ai lati del bordo superiore del setto per ripristinare  la fisiologica  valvola interna  laddove si sia abbassato il gibbo, evitando quindi pinzature del dorso e deformità “a V invertita”.  Non porre attenzione alle valvole nasali in una rinoplastica solo “estetica” significa ottenere un naso troppo piccolo e “pinzato”, destinato a problemi respiratori ingravescenti nel tempo, e poi da correggersi con una rinoplastica secondaria, certamente molto più complessa.

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Spreaders e collasso della valvola esterna

Spreaders e collasso della valvola esterna

Una  TAC preoperatoria, sempre richiesta dal Dr Robotti, e poi visionata e commentata insieme, consentirà spesso di evidenziare e dettagliare  problemi che il paziente di frequente non conosce o non avverte, permettendo al chirurgo di intervenire con un piano preciso e preordinato e di ridurre rischi e complicazioni dell’intervento.

Tale TAC deve essere di buona qualità (ottima e specifica la “cone beam”) e riguardare il distretto setto/turbinati, oltre ad essere correlata se possibile, da una ricostruzione 3D (tridimensionale), particolarmente utile per analizzare in dettaglio l’anatomia ossea.

Sezioni assiali e coronali di differenti TAC

Sezioni assiali e coronali di differenti TAC


Il rendering 3D e di ovvia utilità nello studio preoperatorio delle ossa nasali componente ossea del setto

Il rendering 3D e di ovvia utilità nello studio preoperatorio delle ossa nasali componente ossea del setto

 

 

 

IL NASO DEVIATO E POST-TRAUMATICO

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Una deviazione visibile della piramide nasale, di solito successiva ad un trauma (talora dimenticato) sostenuto magari in età pediatrica, si accompagna ad una deviazione del setto e, spesso, ad una deviazione delle ossa nasali. Ne è conseguenza una piramide nasale fuori asse, con asimmetria delle linee estetiche del dorso, che  sbilancia l’intera simmetria del viso.  (Ciò indipendentemente  dalla componente, relativamente frequente , di un’asimmetria congenita tra le due metà, destra e sinistra  del viso, la quale non verrà ovviamente corretta  dalla correzione  della deviazione della piramide nasale).   Sovente, anche la punta appare asimmetrica e deviata perché deformata a sua volta dalle sue connessioni allo stesso setto.   Funzione ed estetica sono anche qui strettamente legate:  difatti, è prevalentemente  la deviazione del setto  a determinare l’ostruzione respiratoria spesso presente.  A ciò si accompagna ipertrofia dei turbinati, maggiore dal lato  opposto alla deviazione, quale elemento “di compenso” per il maggior passaggio su quel lato di aria nell’inspirazione.  Quando è presente più di una deviazione ( ad esempio in una direzione più in alto, e poi “compensata da un’altra deviazione in senso opposto più in basso) si parla più propriamente di “naso “torto”

La correzione della deviazione si deve effettuare analizzando, isolando  e “rilasciando” dalle strutture vicine ogni componente del naso che la determina.  Altrimenti, si tratta di “camouflage”.   Le metodiche di “camouflage” possono certamente essere utili a livello estetico, ma non possono risolvere il problema funzionale, visto che la deviazione è lasciata invariata.   Si dovranno, allora, invece,  di solito mobilizzare le ossa nasali con diverse, opportune, fratture chirurgiche (talora condotte individualmente in modo diverso per ciascun osso nasale)  e “liberare” il setto e le componenti cartilaginee del dorso e della punta dalle loro interconnessioni tra loro e con lo stesso setto.

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Fatto ciò, si dovrà poi ristabilire una struttura simmetrica, solida e permanente con l’aiuto di innesti multipli di stabilizzazione, provenienti dallo stesso setto.  Solitamente, si farà ricorso agli innesti “spreaders” già descritti (vedi il dorso), i quali avranno la funzione di stabilizzare il setto su entrambi i lati dopo la correzione della sua deviazione.

Per correggere stabilmente un setto deviato sarà spesso utile anche per reinserirlo in maniera stabile alla spina nasale, oltre che talora impiegare una fine lamina ossea (etmoidea) ad esso fissata, per mantenerne permanente il raddrizzamento, mediante micro perforazioni multiple.

Esempi di setto stabilizzato con lamina etmoidea microperforata e spreaders

Esempi di setto stabilizzato con lamina etmoidea microperforata e spreaders


Il setto raddrizzato viene fissato in modo stabile alla spina nasale

Il setto raddrizzato viene fissato in modo stabile alla spina nasale

In casi particolarmente severi di deviazione, il Dr Robotti effettuerà solitamente una settoplastica “extracorporea” con tecnica appresa dall’amico Wolfgang Gubisch. Si tratta di estrarre opportunamente l’intero setto malformato, raddrizzarlo e simmetrizzarlo “a tavolino”,  per poi reinserire il setto ricostruito stabilizzandolo opportunamente nella sua corretta sede.  Questa metodica, seppur certamente complessa,  è davvero di grande efficacia e consente risultati eccellenti.

Esempi di setto ricostruito con tecnica extracorporea (Lstruts)

Esempi di setto ricostruito con tecnica extracorporea (Lstruts)

Correggere correttamente un naso deviato/torto è una delle manovre più impegnative in rinoplastica ,perché richiede il disassemblaggio ed il rimontaggio del setto e delle cartilagini ad esso connesse, con impiego, di solito, di innesti cartilaginei.  Ovviamente, è necessario tempo adeguato  e grande cura.  Altresì  ovviamente, l’approccio “aperto” è fondamentale per consentire di effettuare tutte queste manovre con precisione, perché sotto visione diretta. È un dato di fatto che non sempre sarà possibile conseguire il 100% di correzione della deviazione, ma in ogni caso si otterrà un miglioramento assai marcato rispetto alla situazione di partenza.

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LA RINOPLASTICA SECONDARIA, TERZIARIA E OLTRE

E’ certamente elevato Il numero di pazienti, già operati di rinoplastica ma insoddisfatti, che richiedono un secondo intervento riparatore o addirittura un terzo, un quarto, o anche oltre.. . I dati disponibili in letteratura negli USA indicano una percentuale di revisione in rinoplastica del 15% con punte fino al 20%. Per quanto non esistano in Italia dati precisi, la richiesta di reintervento anche nel nostro paese è indubbiamente sempre più frequente. Questo aumento delle rinoplastiche secondarie è di solito dovuto all’insufficiente attenzione all’aspetto funzionale (respiratorio) e ad una chirurgia prevalentemente resettiva piuttosto che strutturale. Molto gioca il fatto che troppo spesso la rinoplastica viene proposta come intervento semplice e veloce, da effettuarsi addirittura ambulatorialmente  in sedazione o in anestesia locale.  Di conseguenza, l’intervento viene effettuato in modo troppo rapido e superficiale e, spesso, con esclusiva attenzione ad un miglioramento estetico, peraltro talvolta neppure conseguito, ignorando le problematiche funzionali.  Nonostante certamente incidano nel risultato delle variabili anatomiche individuali e, talora, anche la non collaborazione da parte del paziente nel postoperatorio, più spesso in realtà il vero problema è l’imperizia tecnica: la struttura ossea e cartilaginea viene destabilizzata ed eccessivamente ridotta  e ne consegue un progressivo deterioramento della forma e della funzione. Talvolta si tratta anche di un’ incomprensione fin dall’inizio tra chirurgo e paziente, con una richiesta  da parte del paziente di un naso piccolo e sottile (magari irrealistica in una situazione di partenza con cute spessa e naso troppo voluminoso) ed una rassicurazione superficiale da parte del chirurgo che questo risultato è invece facile e possibile. Da qui il quadro frequente di un paziente deluso e sfiduciato, insicuro e depresso, con risvolti talora devastanti nell’autostima e nella vita sociale.

Tratto comune di questi casi è l'assenza di definizione della parete laterale, con gravi variabili di pinzatura/apparente globosità della punta, assenza delle linee estetiche del dorso…(ved la punta: forma e proiezione)

Tratto comune di questi casi è l’assenza di definizione della parete laterale, con gravi variabili di pinzatura/apparente globosità della punta, assenza delle linee estetiche del dorso…(ved la punta: forma e proiezione)


Tratto comune qui è la cosiddetta deformità “a V invertita”(collasso sul setto delle cartilagini triangolari, con interruzione delle linee estetiche del dorso ed ostruzione della valvola nasale interna), avvenuta dopo resezione aggressiva del gibbo

Tratto comune qui è la cosiddetta deformità “a V invertita”(collasso sul setto delle cartilagini triangolari, con interruzione delle linee estetiche del dorso ed ostruzione della valvola nasale interna), avvenuta dopo resezione aggressiva del gibbo


In tutti questi casi si nota l'interruzione delle linee estetiche del dorso, la retrazione delle ali nasali (primi due), la torsione legata a sottostante deviazione del setto (ultimi due)

In tutti questi casi si nota l’interruzione delle linee estetiche del dorso, la retrazione delle ali nasali (primi due), la torsione legata a sottostante deviazione del setto (ultimi due)


In questi casi è evidente il comune denominatore di un eccesso di riduzione, con gradi variabili di asimmetria e torsione di dorso e punta. Si tratta di una de-strutturazione eccessiva, allo scopo (illusorio) di ottenere un naso più piccolo.

In questi casi è evidente il comune denominatore di un eccesso di riduzione, con gradi variabili di asimmetria e torsione di dorso e punta. Si tratta di una de-strutturazione eccessiva, allo scopo (illusorio) di ottenere un naso più piccolo.


In questi casi , pur essendo le proporzioni migliori nel loro complesso, si tratta di multipli errori di “omissione” di “commissione” che inficiano la simmetria e proporzioni della piramide nasale

In questi casi , pur essendo le proporzioni migliori nel loro complesso, si tratta di multipli errori di “omissione” di “commissione” che inficiano la simmetria e proporzioni della piramide nasale


In questi casi è evidente la destrutturazione delle cartilagini alari avvenuta per eccesso di resezione: ne consegue debolezza e deformità della parete laterale, con collasso dell’ala nasale in inspirazione

In questi casi è evidente la destrutturazione delle cartilagini alari avvenuta per eccesso di resezione: ne consegue debolezza e deformità della parete laterale, con collasso dell’ala nasale in inspirazione


Danni di questo tipo (cicatrice da accesso “open” erroneamente eseguita nel primo caso e danno cutaneo da eccesso di assottigliamento della cute nel secondo) sono in gran parte irreversibili

Danni di questo tipo (cicatrice da accesso “open” erroneamente eseguita nel primo caso e danno cutaneo da eccesso di assottigliamento della cute nel secondo) sono in gran parte irreversibili


In questi casi, in varia misura, è presente un eccesso di resezione della struttura della punta (con successiva discesa), eccesso di resezione del dorso (insellatura), residuo gibbo ed eccesso di accorciamento. Denominatore comune è l'assenza di corrette proporzioni nel profilo tra punta e dorso

In questi casi, in varia misura, è presente un eccesso di resezione della struttura della punta (con successiva discesa), eccesso di resezione del dorso (insellatura), residuo gibbo ed eccesso di accorciamento. Denominatore comune è l’assenza di corrette proporzioni nel profilo tra punta e dorso


In questi casi, in varia misura, è presente un eccessivo accorciamento (primi due), un eccesso di proiezione (terzo), un residuo “supratip” di variabile entità (“ becco di pappagallo”) negli ultimi tre.

In questi casi, in varia misura, è presente un eccessivo accorciamento (primi due), un eccesso di proiezione (terzo), un residuo “supratip” di variabile entità (“ becco di pappagallo”) negli ultimi tre.


In questi casi, in varia misura, è presente insellatura ed irregolarità del dorso(primi tre) ed eccesso di accorciamento (ultimi due). Ne consegue un evidente “femminilizzazione” del naso maschile

In questi casi, in varia misura, è presente insellatura ed irregolarità del dorso(primi tre) ed eccesso di accorciamento (ultimi due). Ne consegue un evidente “femminilizzazione” del naso maschile


La deformità “ a V invertita” del dorso e la sua correzione con innesti “spreaders”

La deformità “ a V invertita” del dorso e la sua correzione con innesti “spreaders”


In rinoplastica secondaria, le deformità delle cartilagini alari sono estremamente varie: è ovvio che l'approccio aperto, sotto visione diretta, ne consente l'analisi e la correzione in modo ottimale

In rinoplastica secondaria, le deformità delle cartilagini alari sono estremamente varie: è ovvio che l’approccio aperto, sotto visione diretta, ne consente l’analisi e la correzione in modo ottimale

Il capitolo della rinoplastica secondaria, terziaria, ed oltre, è un argomento ancor più complesso ed a sè stante nell’ambito della rinosettoplastica, per il quale il Dr Robotti ha uno specifico grande interesse.

E’ subito da chiarire che una vera rinoplastica secondaria è ben altra cosa rispetto alla revisione di piccole imperfezioni che possono talora residuare dopo una rinoplastica primaria anche ben condotta, ed anche, a maggior ragione, dopo una rinoplastica secondaria complessa. Esempi di “piccole revisioni” possono essere delle minime irregolarità del dorso: la correzione, in questi casi, è di semplice esecuzione, è effettuabile con tecnica “chiusa”, in anestesia locale o talora in sedazione, e richiede una limitata ulteriore “raspatina” del dorso, talvolta l’utilizzo di un “camouflage” dermico o di lipofillling, o anche, se necessario, l’utilizzo di piccoli innesti di cartilagine.

Serie di pre e postop in una paziente già operata e poi sottoposta a rinosettoplastica secondaria. Pur essendo la correzione soddisfacente, si nota una piccola residua irregolarità del dorso, specie sul profilo

Serie di pre e postop in una paziente già operata e poi sottoposta a rinosettoplastica secondaria.
Pur essendo la correzione soddisfacente, si nota una piccola residua irregolarità del dorso, specie sul profilo

Nella pratica personale del Dr Robotti questi “ritocchi” si collocano per il 5% circa dei casi.   E’ opportuno che sia lo stesso chirurgo che ha operato la prima volta ad effettuare queste piccole revisioni, sia per la sua conoscenza dell’intervento effettuato, che dal punto di vista economico (normalmente non vi sono costi ulteriori per il chirurgo, fatto salvo per l’uso del materiale).

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Queste situazioni di revisioni limitate sono del tutto diverse da una vera rinoplastica secondaria, terziaria, etc, laddove, per riparare ad errori effettivamente commessi è necessario uno smontaggio-rimontaggio con ricostruzione strutturale tridimensionale delle diverse componenti del naso.  Qui, l’approccio aperto diviene indispensabile ed il grado di difficoltà è ben maggiore.

In una rinoplastica secondaria, le tecniche correttive, seppur numerose,  non sono troppo dissimili da quelle di una rinosettoplastica primaria, ma la complessità è certamente ben maggiore e la  durata dell’intervento assai più lunga, anche di 5-6 ore ed oltre, ovviamente dipendendo molto da caso a caso.  La cute è spesso aderente e cicatriziale, e la difficoltà è spesso ancora ulteriormente aumentata se sono stati impiegati fillers (riempitivi) semipermanenti o permanenti.

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Pre e postop in una paziente già operata, nella quale erano poi stati impiegati anche fillers permanenti: il filler viene rimosso e poi viene effettuata ristrutturazione con innesti di cartilagine e DCF: non sempre la rimozione del filler è possibile (come avvenuto invece in questo caso) mantenendo la perfetta integrità della cute

Pre e postop in una paziente già operata, nella quale erano poi stati impiegati anche fillers permanenti: il filler viene rimosso e poi viene effettuata ristrutturazione con innesti di cartilagine e DCF: non sempre la rimozione del filler è possibile (come avvenuto invece in questo caso) mantenendo la perfetta integrità della cute

In termini di tipologia di intervento necessario, la discriminante maggiore è se gli errori condotti sono stati di “omissione” (cioè manovre necessarie non condotte, ma lasciando in loco le strutture che si sarebbero dovute manipolare) o di “commissione” (cioè manovre erronee effettuate di eccessiva riduzione/rimozione di strutture).

Nel primo caso, più semplice, (ad esempio un “tetto aperto” per osteotomie non eseguite o una deformità per una punta globosa non trattata), sarà anche più semplice la soluzione, essenzialmente completando correttamente quelle manovre mai eseguite prima.

Due casi esemplificativi in cui si è trattato prevalentemente di completare una precedente chirurgia incompleta per errori di omissione (nel primo, un tetto aperto osseo residuo e le cartilagini alari non trattate, nel secondo una punta insufficientemente conformata)

Due casi esemplificativi in cui si è trattato prevalentemente di completare una precedente chirurgia incompleta per errori di omissione (nel primo, un tetto aperto osseo residuo e le cartilagini alari non trattate, nel secondo una punta insufficientemente conformata)

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Nel secondo caso, più complesso (e purtroppo più frequente), la situazione è ben più difficile, trattandosi di ridare forma e supporto mancante mediante l’uso di molteplici innesti.

Tipica asimmetria della punta esito di eccesso di resezione della cartilagine alare, associata ad asimmetria delle linee estetiche del dorso: l'arco delle cartilagini della punta viene ricostruito con innesti, mentre le linee estetiche del dorso vengono stabilite con innesti “Spreaders”

Tipica asimmetria della punta esito di eccesso di resezione della cartilagine alare, associata ad asimmetria delle linee estetiche del dorso: l’arco delle cartilagini della punta viene ricostruito con innesti, mentre le linee estetiche del dorso vengono stabilite con innesti “Spreaders”


Evidenti esiti inappropriati a carico di punta e dorso: la ricostruzione comporta la necessità di ridare opportune proporzioni: resta un accenno di pienezza al supratip (appena sopra la punta)

Evidenti esiti inappropriati a carico di punta e dorso: la ricostruzione comporta la necessità di ridare opportune proporzioni: resta un accenno di pienezza al supratip (appena sopra la punta)

Queste diverse situazioni (di manovre non condotte o di manovre erronee condotte in eccesso), ovviamente, possono coesistere in molte e diverse combinazioni, il che rende essenziale una visita lunga ed assai accurata ed un’analisi dettagliata dei problemi esistenti.

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Questo caso dimostra la coesistenza di errori di commissione e di commissione: l'osteotomia dell’”open roof” residuo è stata opportunamente completata e punta e dorso sono stati ricostruiti con innesti laminati di costa e DCF

Questo caso dimostra la coesistenza di errori di commissione e di commissione: l’osteotomia dell’”open roof” residuo è stata opportunamente completata e punta e dorso sono stati ricostruiti con innesti laminati di costa e DCF

Molto spesso, poi, è il problema funzionale, cioè respiratorio, quello più significativo per il paziente dopo una rinoplastica condotta solo per un miglioramento estetico senza far attenzione alla funzione. Così, un naso con alcuni inestetismi,  ma che respirava bene prima,  può addirittura venire trasformato in un naso mal funzionante dal punto di vista respiratorio poi.

I danni più frequenti sono di solito sono dovuti a eccesso di riduzione o resezione effettuate nel primo intervento o ad errori nelle osteotomie (fratture chirurgiche delle ossa nasali).  La cute si contrae sul suo supporto residuo di osso e cartilagine e ne riflette la forma distorta.  Si osservano perciò le problematiche più varie: cicatrici retraenti, zone di aderenze, aspetto irregolare del dorso del naso  per un inadeguato modellamento del setto e delle cartilagini, dorso “insellato” (infossato “a pugile”) per eccessiva riduzione  del gibbo o per cedimento del setto, punta troppo sollevata con narici “in primo piano” da esagerato accorciamento  del setto, ispessimento dei tessuti sopra la punta  (il cosiddetto “supratip” , definito anche  “becco di corvo” o “becco di pappagallo”), irregolarità o “pinzatura” dalle cartilagini della punta con riduzione della capacità respiratoria, deviazioni del dorso da asimmetria nelle osteotomie, e molto altro ancora ..(vedi foto sopra).  E’ una gamma di situazioni diversissime e spesso combinate variamente fra loro.  Ogni caso è storia a sè e richiede un’accurata analisi ed una precisa progettazione specifica dell’intervento correttivo. A questo punto, l’intervento diventa  realmente ricostruttivo, oltre che estetico, e dovrà essere assai accurato, impiegando tutto il tempo necessario.  Il più delle volte non sarà indicato effettuare ulteriori resezioni o riduzioni, ma, al contrario, aggiungere materiale di supporto, quindi “innesti”, per ricreare una forma armonica e migliorare la funzione respiratoria. Effettuare ulteriori riduzioni peggiorerebbe soltanto il problema creando ulteriori deformità.  Inserire innesti significa invece ricostruire accuratamente la struttura sottostante perduta o compromessa.  Questo non si rifletterà però in un naso troppo grande, ma piuttosto in un naso che riacquisti proporzioni armoniche tra le sue componenti. Tali  ‘innesti’ sono  di materiale autologo, cioè porzioni di cartilagine, fascia, e talora di osso prelevati dallo stesso paziente,  quindi senza rischio di infezioni o di rigetto come può accadere per materiali “sintetici”, che il Dr Robotti non impiega.  Peraltro, anche nella rinoplastica primaria, come più volte detto, sono di solito impiegati innesti prelevati  dal setto nasale, ed il setto, quando possibile, rappresenta il miglior “sito donatore” anche nella rinoplastica secondaria.

Utilizzo di un “template” (in pratica una dima) in plastica per premisurare con esattezza l'innesto di cartilagine da prelevare dal setto

Utilizzo di un “template” (in pratica una dima) in plastica per premisurare con esattezza l’innesto di cartilagine da prelevare dal setto


Esempi di innesti prelevati dal setto. Il setto è in assoluto il miglior “sito donatore” possibile in una rinoplastica.

Esempi di innesti prelevati dal setto. Il setto è in assoluto il miglior “sito donatore” possibile in una rinoplastica.


Esempi di innesti di fascia temporale, da utilizzarsi come copertura di dorso e punta in varie modalità

Esempi di innesti di fascia temporale, da utilizzarsi come copertura di dorso e punta in varie modalità


Siti donatori del prelievo di innesto di fascia temporale (a sx) e di costa (in basso). La cicatrice conseguente sarà di minima visibilità

Siti donatori del prelievo di innesto di fascia temporale (a sx) e di costa (in basso).
La cicatrice conseguente sarà di minima visibilità


Prelievo di innesto di cartilagine dalla concha del padiglione auricolare. L'incisione posteriore è in pratica quella di un’otoplastica e non sarà visibile

Prelievo di innesto di cartilagine dalla concha del padiglione auricolare. L’incisione posteriore è in pratica quella di un’otoplastica e non sarà visibile


Esempi di vari utilizzo di innesti di fascia temporale come copertura e camouflage

Esempi di vari utilizzo di innesti di fascia temporale come copertura e camouflage

Tuttavia, talora non resta setto a sufficienza disponibile ed allora si deve ricorrere ad altri siti donatori propri: il padiglione auricolare, la costa e la fascia del muscolo temporale ( in questi ultimi due casi a prezzo di una piccola incisione aggiuntiva).

Riguardo la PUNTA, in rinoplastica secondaria si deve di solito ricostruire l’arco “ad M” delle cartilagini alari ricreando “duomi” robusti ed eleganti. A tale scopo, sono molteplici le situazioni che si incontrano ed altrettanto numerose le soluzioni possibili: in sintesi si tratta o di riutilizzare se possibile i frammenti di cartilagine alare presenti, oggetto di manovre distruttive e spesso condotte alla cieca, (questa è ovviamente la soluzione migliore se il materiale è sufficiente), oppure di integrare le componenti mancanti dell’arcata cartilaginea delle alari con innesti di setto residuo se disponibili o di padiglione auricolare o di costa.   Talora sarà però necessario ricostruire ex novo l’architettura di sostegno, spesso  con l’impiego di cartilagine costale, che il Dr Robotti consiglia la miglior scelta in caso di materiale insufficiente.

Esempi di ricostruzione dell'arcata cartilaginea delle alari

Esempi di ricostruzione dell’arcata cartilaginea delle alari


Esempio di innesti “articulated” per la ricostruzione ex novo delle cartilagini alari, non più recuperabili

Esempio di innesti “articulated” per la ricostruzione ex novo delle cartilagini alari, non più recuperabili

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Riguardo il DORSO,  in rinoplastica secondaria lo scopo è quello di restituire la massima simmetria possibile alle ossa nasali (che spesso sono stati oggetto di osteotomie asimmetriche e condotte a livelli differenti), e poi di costituire una piattaforma stabile sulla quale poi finalizzare un dorso armonico. Si tratta in pratica di una ricostruzione “composita”:

– ricostruire l’appoggio centrale di supporto del setto (il cosiddetto “L strut”) con lo stesso setto, se ancora disponibile, o con cartilagine spesso costale

–  finalizzare i bordi laterali del dorso (di solito con innesti tipo Spreaders)

– infine riportare il dorso all’altezza voluta (spesso necessario in caso di naso a sella) mediante ulteriori innesti cartilaginei e fasciali.

Di particolare importanza in questo senso la tecnica di recente descrizione del DCF (diced cartilage fascia) , come verrà descritto successivamente.

Concetto di ricostruzione “composita” del dorso con innesti longitudinali (Spreaders) e verticale (Strut), su cui viene sovrapposto innesto DCF (cartilagine tagliata finemente a dadini e rivestita in un involucro di fascia temporale). Dopo aver appreso tale metodica dall'amico Rollin Daniel, il dottor Robotti l'ha adottata assai di frequente in rino secondaria

Concetto di ricostruzione “composita” del dorso con innesti longitudinali (Spreaders) e verticale (Strut), su cui viene sovrapposto innesto DCF (cartilagine tagliata finemente a dadini e rivestita in un involucro di fascia temporale).
Dopo aver appreso tale metodica dall’amico Rollin Daniel, il dottor Robotti l’ha adottata assai di frequente in rino secondaria


La visione di fronte è fondamentale nella valutazione del risultato di una rinoplastica secondaria, come peraltro in una primaria

La visione di fronte è fondamentale nella valutazione del risultato di una rinoplastica secondaria, come peraltro in una primaria


In ambedue questi casi le linee estetiche del dorso sono state ricostruite con innesti di costa

In ambedue questi casi le linee estetiche del dorso sono state ricostruite con innesti di costa


Ricostruzione secondaria composita del dorso il naso corto e femminilizzato

Ricostruzione secondaria composita del dorso il naso corto e femminilizzato

L’ Impiego della costa

negli ultimi anni l’utilizzo della costa ha costituito una delle tecniche di maggior finezza ed efficacia nel campo della rinoplastica secondaria. Il Dr Robotti impiega assai meno oggi la tecnica del segmento costale “monoblocco”, che richiede, tra l’altro, stabilizzazione centrale con varie metodiche per ridurre la sua tendenza al successivo incurvamento (“warping”), a favore invece di un’accurata ”laminazione”di segmenti multipli a partenza dalla porzione di costa prelevata, con il vantaggio di ottenere una quantità appropriata di innesti di corretta forma e struttura.  Quando possibile , è ideale usare una combinazione  di innesti  di setto  (la prima scelta , ma spesso  in quantità non adeguata  laddove il setto sia già stato manipolato) e di costa .

Esempio di ricostruzione composita, in cui si usa sia setto (per le cartilagini alari) che costa (per il dorso)

Esempio di ricostruzione composita, in cui si usa sia setto (per le cartilagini alari) che costa (per il dorso)

Certamente il prelievo costale allunga i tempi chirurgici e la tecnica èdi particolare finezza, ma il sito donatore (cioè da dove viene prelevato il segmento costale) è assai meno problematico di quanto si creda comunemente: nella donna in particolare la cicatrice che ne consegue è pressoché impercettibile, essendo posta su solco sotto mammario (è in pratica la stessa di una mastoplastica additiva, ed anzi la stessa cicatrice di una mastoplastica additiva al solco può essere utilizzata per il prelievo costale).

Tecnica di “laminazione” (a sx) della cartilagine costale. La presenza di calcificazioni limita la flessibilità dell'innesto. Parte della cartilagine viene sottoposta a “dicing”(cioè tagliata in micro frammenti), costituendo un conglomerato di dadini di cartilagine (a dx)

Tecnica di “laminazione” (a sx) della cartilagine costale. La presenza di calcificazioni limita la flessibilità dell’innesto.
Parte della cartilagine viene sottoposta a “dicing”(cioè tagliata in micro frammenti), costituendo un conglomerato di dadini di cartilagine (a dx)


Esempi di utilizzo di segmenti cartilagine costale per ricostruire le cartilagini triangolari (a sx) e le alari (a dx).

Esempi di utilizzo di segmenti cartilagine costale per ricostruire le cartilagini triangolari (a sx) e le alari (a dx).


Sequenza dell'inserimento della cartilagine segmentata a dadini in un involucro di fascia temporale, per costituire il cosiddetto DCF (Diced Cartilage Fascia)

Sequenza dell’inserimento della cartilagine segmentata a dadini in un involucro di fascia temporale, per costituire il cosiddetto DCF (Diced Cartilage Fascia)


Esempio di DCF completato e pronto per l'inserimento al dorso (tipicamente per correggere un naso a sella). Il Dr Robotti ha descritto ed impiega di solito una tecnica specifica detta “tailored DCF” per la misurazione precisa e confezionamento esatto del costrutto

Esempio di DCF completato e pronto per l’inserimento al dorso (tipicamente per correggere un naso a sella).
Il Dr Robotti ha descritto ed impiega di solito una tecnica specifica detta “tailored DCF” per la misurazione precisa e confezionamento esatto del costrutto

L utilizzo del DCF (Diced Cartilage Fascia)

l’utilizzo di minuscoli (spessore sotto il millimetro) dadini di cartilagine, (derivati da cartilagine del setto, della conca auricolare o della costa), inseriti poi in un involucro di fascia temporale di corrette dimensioni rappresenta oggi la metodica più moderna ed idonea al confezionamento di un nuovo dorso in casi di asimmetria e insellatura. Si tratta in pratica di un cilindro, di corrette dimensioni in lunghezza e larghezza, riempito di frammentini di cartilagine adeguatamente compressi e distribuiti.  I risultati nel tempo sono eccellenti è stabili.  La “fascia temporale” rappresenta quella struttura che riveste il muscolo temporale (che può essere palpato appena davanti e sopra l’orecchio allorché si stringono i denti) e viene prelevata mediante una incisione di circa 3 cm. La cicatrice lineare che ne consegue è in pratica invisibile, anche perché non vengono tagliati i capelli nel prelievo.  È ovvio poi che il prelievo di fascia temporale nulla causa, nè ha alcun effetto,  a carico delle strutture muscolari o ossee, essendo soltanto una “fascia” sottile al di sopra del muscolo temporale stesso.

In rinoplastica secondaria, spesso anche indipendentemente dal numero delle procedure subite, anche le  situazioni più  problematiche non sono irreparabili, anzi, quasi sempre, possono essere migliorate in modo sorprendente, nonostante la complessità dell’intervento.

Rinosettoplastica terziaria con ristrutturazione completa di punta e dorso mediante innesti multipli, inclusi costali, e DCF. Anche le ossa nasali sono state rimobilizzate

Rinosettoplastica terziaria con ristrutturazione completa di punta e dorso mediante innesti multipli, inclusi costali, e DCF. Anche le ossa nasali sono state rimobilizzate

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Il beneficio dato dalla ristrutturazione con innesti alla forma e proporzioni del naso in rinoplastica secondaria è spesso evidente da subito, fin dalla conclusione dell'intervento. In questi casi sono stati impiegati multipli innesti alla punta e DCF al dorso

Il beneficio dato dalla ristrutturazione con innesti alla forma e proporzioni del naso in rinoplastica secondaria è spesso evidente da subito, fin dalla conclusione dell’intervento.
In questi casi sono stati impiegati multipli innesti alla punta e DCF al dorso

In ogni caso di rinosettoplastica secondaria, comunque, fortunatamente il postoperatorio sarà praticamente lo stesso di qualsiasi rinosettoplastica primaria (vedi capitolo “Rinosettoplastica”),  con la differenza che l’edema (gonfiore) postoperatorio impiegherà spesso più tempo per risolversi, specie in situazioni di diversi interventi precedenti (peggio se già condotti con tecnica aperta) e di cute spessa.  Il risultato definitivo potrà definirsi tale, in questi casi, talora non prima di un anno e mezzo o due, anche se il beneficio della ristrutturazione sulla forma appare evidente ben prima.

A tre mesi dall'intervento si nota il miglioramento di proporzioni, di struttura della punta e delle linee estetiche del dorso, in presenza tuttavia di cospicuo edema residuo

A tre mesi dall’intervento si nota il miglioramento di proporzioni, di struttura della punta e delle linee estetiche del dorso, in presenza tuttavia di cospicuo edema residuo

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In questo caso, a sei mesi dall'intervento, l'edema è invece già quasi del tutto risolto

In questo caso, a sei mesi dall’intervento, l’edema è invece già quasi del tutto risolto


È importante notare che sia in rinoplastica primaria che, ancor più, in rinoplastica secondaria, una valutazione corretta del risultato deve comprendere tutte le proiezioni, su entrambi i lati. Questo caso, su tutte le proiezioni, dimostra i pregi del risultato, oltre che alcuni residui difetti che, seppur modesti, sono presenti nel postoperatorio. Aspettative di assoluta perfezione non sono realistiche, e se irrinunciabili, controindicano l'intervento

È importante notare che sia in rinoplastica primaria che, ancor più, in rinoplastica secondaria, una valutazione corretta del risultato deve comprendere tutte le proiezioni, su entrambi i lati. Questo caso, su tutte le proiezioni, dimostra i pregi del risultato, oltre che alcuni residui difetti che, seppur modesti, sono presenti nel postoperatorio. Aspettative di assoluta perfezione non sono realistiche, e se irrinunciabili, controindicano l’intervento

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Come già detto, sia in rinoplastica primaria che in rinoplastica secondaria, anche in presenza di un buon risultato sarà talora possibile contemplare un successivo “ritocco”, che per essere tale deve essere una piccola e breve procedura, solitamente in anestesia locale.

In alcuni casi specifici, sarà infine  importante capire che talvolta sarà anche necessario addirittura pianificare fin da subito un intervento “stadiato”: cioè, prevedere fin dall’inizio un’ulteriore revisione, minore in impegno e durata, da pianificarsi a distanza di 12-18 mesi dall’intervento. Questo approccio si rende necessario in quei casi (fortunatamente pochi) in cui i danni sono stati di tale entità da rendere impossibile o troppo rischioso il poterli rimediare in un solo intervento, per quanto lungo e complesso.

Come più volte detto prima circa la rinosettoplastica primaria, resta infine  fondamentale, nella decisione di sottoporsi all’intervento di revisione, una buona comprensione ed una chiara intesa reciproca tra paziente e chirurgo su un programma condiviso di miglioramento.  Quanto è ottenibile in concreto deve essere chiaro e ben compreso.  Questo fondamentale concetto vale ancor di più nel caso della rinoplastica secondaria: le aspettative devono essere realistiche, e quanto desiderato dal paziente deve essere ben inteso dal chirurgo, correttamente analizzato dal punto di vista clinico e tecnico, e ritenuto significativo (quindi condivisibile) e correggibile (con tecniche concrete, seppur complesse, e non empiriche).  Talvolta, il risultato potrà completamente ovviare ai danni subiti e restituire lo stesso esito di una rinoplastica primaria ben condotta;  talvolta, la manipolazione subita dai tessuti è stata eccessiva, e la situazione potrà solo essere migliorabile in parte.  Altresì, in altri casi, le imperfezioni presenti saranno così minime da non giustificare  un perfezionismo a tutti i costi con l’esecuzione di un intervento troppo complesso rispetto al miglioramento ottenibile in concreto.

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